BARI – Il 31 gennaio è la nuova «dead line» fissata dal Governo per i potenziali acquirenti interessati all’ex Ilva. Entro quella data saranno valutate le proposte di offerta per l’acquisto che non li vincola a comprare.
I commissari straordinari hanno riferito nei giorni scorsi al Governo sulle dieci offerte ricevute, tre interessate all’intero gruppo industriale, sette che riguardano specifici asset aziendali.
Ricordiamo i tre players interessati all’acquisizione di tutti gli stabilimenti ex Ilva: l’indiana Jindal Steel International, l’azera Baku Steel Company in cordata con Azerbaijan Investment Company Ojsc, il fondo americano Bedrock Industries management Co Inc.
I tempi per la vendita del gruppo, dunque, non sono e non saranno brevi. Ma in fabbrica che aria tira? Quali sono le preoccupazioni dei sindacati? Ne parliamo con Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim Cisl.
Segretario, vi siete fatti un’idea di cosa accadrà da qui al 31 gennaio?
«Abbiamo chiesto di convocare un incontro al Governo per capire la situazione e auspichiamo di essere convocati al più presto a Palazzo Chigi per un aggiornamento di situazione. È chiaro che prima di aggiornarci va chiusa la partita, definite quali sono le offerte, nei contenuti. Ritengo e ho sempre ritenuto un errore commentare i nomi, piani non ufficiali perché poi si crea allarmismo e si discute su ipotesi senza un reale fondamento».
A cosa si riferisce?
«Mi riferisco a quello che ha dichiarato non più tardi di qualche giorno fa ai giornali Jindal quando ha illustrato la sua idea di decarbonizzazione, l’ipotesi di chiudere le cokerie. Noi riteniamo che così si crea solamente allarme tra i lavoratori. Per scongiurare tutto questo serve che il governo metta le mani sulle offerte quanto prima e che ci convochi per spiegarci cosa c’è realmente dentro quelle offerte. Solo quando avremo le informazioni necessarie ci esprimeremo perché quella dell’ex Ilva è una partita estremamente complicata. Non dimentichiamo come andò a finire la volta scorsa. Il vero tema è che ci vuole comunque la lucidità di entrare nelle offerte, capirne il contenuto, seguire l’assegnazione perché la cessione possa rispondere ai criteri guida, ovvero puntare a chi vuole tenere l’integrità del gruppo prima di tutto, verificare che il piano dia risposte sia dal punto di vista ambientale che occupazionale».
E in questa fase di transizione che clima si sta vivendo in fabbrica?
«C’è, anzi permane questa difficoltà sugli appalti. Le imprese non hanno ricevuto pagamenti e sono in ritardo. Adesso sono stati stanziati questi nuovi fondi e speriamo che sia l’elemento per sbloccare anche i lavoratori di quelle aziende. Il clima è sempre lo stesso anche tra i lavoratori diretti. C’è il solito scoraggiamento perché non si vede mai la fine di una vertenza così lunga. L’umore è basso, c’è sfiducia. Però quello che ci preoccupa di più in questo momento sono le imprese dell’indotto. Se arriva la nuova proprietà e ci troviamo con aziende che non hanno ricevuto i pagamenti, che succede? Sono tutte circostanze che creano difficoltà, intoppi per la conclusione del percorso».
I nuovi fondi stanziati la scorsa settimana con il Decreto dal Governo aiuteranno a superare questo momento di empasse?
«Ce lo auguriamo che servano a dare ristoro a questi lavoratori, perché siamo sempre alle solite: le aziende non ricevono i pagamenti e di rimando non pagano i lavoratori. È il cane che si morde la coda, ma a pagare sono sempre gli ultimi».
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Fonte:
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1640194/ex-ilva-c-e-clima-di-sfiducia-tra-gli-operai-in-fabbrica.html