TARANTO – Dopo il maxiprocesso «Ambiente svenduto» sulle emissioni velenose dell’ex Ilva, anche quello sul disastro ambientale causato da circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti sepolti tra Taranto e Massafra e in particolare nella gravina Leucaspide, è stato trasferito a Potenza. Lo ha stabilito il tribunale di Taranto ritenendo fondata la connessione tra i due procedimenti come sostenuto dagli avvocati Pasquale Annicchiarico, Vincenzo Vozza, Luca Perrone, Carmine Urso e Daniele Convertino. Il collegio di magistrati, presieduto dalla giudice Tiziana Lotito, ha infatti accolto la richiesta dei difensori degli indagati e disposto l’annullamento del procedimento e inviato gli atti alla procura lucana.

Gli inquirenti potentini, come accaduto per «Ambiente svenduto», dovranno ricominciare le attività dall’avviso di conclusione indagini: i pubblici ministeri guidati dal procuratore Maurizio Cardea dovranno rivalutare tutti gli elementi raccolti durante le indagini dai magistrati tarantini e ripartire dall’eventuale richiesta di rinvio a giudizio. Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni per conoscere le ragioni che hanno spinto i giudici a decidere per questo nuovo trasferimento, ma è evidente che i magistrati abbiano ritenuto connessi i due procedimenti. Nell’udienza del 6 dicembre scorso è stato l’avvocato Convertino a prendere la parola, spiegando che, secondo il codice, i procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato è parte in un processo, devono essere valutati dai magistrati di un altro distretto. «Confrontando le imputazioni del processo relativo alla «Gravina Leucaspide» con quelle del processo «Ilva Ambiente Svenduto» – si legge nella memoria depositata alcuni mesi fa al collegio – deve riconoscersi la sussistenza di connessione in quanto si tratta di più reati commessi con più azioni od omissioni riconducibili ad un medesimo disegno criminoso». Insomma i difensori, hanno ritenuto che le accuse dei due processi siano collegate: per i legali della famiglia Riva dal confronto tra le accuse si evince che lo sversamento di quei rifiuti nella gravina sarebbe avvenuto nello stesso arco di tempo in cui avrebbe agito l’associazione a delinquere contestata in Ambiente svenduto: a partire dal 1995 e sino al 2013. Quell’organizzazione che per la procura ionica guidava la fabbrica, per gli avvocati avrebbe costituito «lo strumento, il mezzo, per la realizzazione di diversi reati» tra i quali rientra quello da accertare nel processo Leucaspide.

Anche sui nomi degli imputati la difesa ha evidenziato le connessioni: in entrambi infatti compaiono i nomi di Fabio e Nicola Riva e dell’ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. Infine la connessione tra i due procedimenti ci sarebbe anche quello che potrebbe essere definito «movente»: per i difensori infatti l’accusa contesta in entrambi i casi che l’obiettivo era «garantire la continuità produttiva allo stabilimento siderurgico, spingerlo alla massima capacità produttiva, ottenere il massimo profitto nei termini di un risparmio di spesa». Massimo profitto e minimo sforzo insomma, come aveva aggiunto l’avvocato Annichiarico, è stato ugualmente contestato sia in un procedimento che nell’altro. La parola, in quell’udienza di dicembre, è poi passata al pubblico ministero Mariano Buccoliero che si è opposto alla richiesta evidenziando innanzitutto che l’istanza è arrivata tardi: per il magistrato inquirente doveva essere presentata in udienza preliminare e non a processo avviato.

La difesa, però, evidentemente ritiene che questa richiesta sia tempestiva perché la decisione su Ambiente svenduto era allora particolarmente recente poiché la scelta di trasferire a Potenza il processo «Ambiente svenduto» era stata presa solo qualche mese prima. Per la procura ionica le due vicende erano completamente differenti e a differenza di Ambiente svenduto, in questo processo non c’è alcun magistrato costituito parte civile. La corte d’assise d’appello di Taranto, infatti, nelle sue motivazioni ha annullato la sentenza di primo grado e inviato il maxi processo a Potenza evidenziando che anche se quei due magistrati due magistrati onorari non erano più in servizio quando hanno ottenuto di costituirsi parte civile, ma lo erano tra il 1995 e il 2013 periodo in cui sono stati commessi i reati che avevano portato alle pesanti condanne. Per i giudici, tuttavia, le cose non stanno così: ora bisognerà leggere motivazioni per capire perché.


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Fonte:
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1670082/ex-ilva-altro-processo-azzerato-dopo-ambiente-svenduto-trasferito-a-potenza-il-procedimento-sui-rifiuti-interrati.html