TARANTO – È stato assolto nel processo d’appello-bis Vito Vitale, ingegnere e allora delegato dell’area cokerie ex Ilva, che era stato inizialmente accusato di cooperazione in omicidio colposo assieme ad altre 10 persone per l’incidente in cui il 28 febbraio del 2013 perse la vita Ciro Moccia, operaio addetto alla manutenzione meccanica.

In quell’episodio, poi, rimase ferito anche Antonio Liddi, addetto della ditta esterna «Emmerre» impegnata nei lavori di ambientalizzazione delle cokerie e che si salvò solo perché il suo corpo precipitò su quello del povero Moccia. Attraverso il suo avvocato Gaetano Melucci, Vitale aveva fatto ricorso in Cassazione impugnando la condanna a 1 anno e 8 mesi con pena sospesa inflitta in secondo grado ottenendo un annullamento con rinvio. Con questo nuovo processo celebrato nei giorni scorsi, i giudici hanno infine accolto la tesi difensiva facendo cadere ogni accusa a suo carico.

Nell’inchiesta per la morte di Moccia erano finite, come accennato, 10 persone. Tra queste anche alcuni dipendenti della ditta appaltatrice e dello stabilimento siderurgico. Furono 5 le condanne in primo grado ridotte poi dalla Corte d’appello: solo Vitale ha fatto ricorso alla Suprema Corte e a distanza di anni ha dimostrato la sua estraneità ai fatti.

Ciro Moccia perse la vita a fine turno nei pressi della batteria numero 9 delle cokerie, chiusa perché in rifacimento dopo le prescrizioni imposte dal ministero con l’Autorizzazione integrata ambientale concessa all’ex Ilva dopo il maxi sequestro del luglio 2012. A cedere, secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, furono alcune lamiere sottili (pochi centimetri di spessore) poggiate dalla ditta incaricata dei lavori di ristrutturazione sulla passerella utilizzata per spostarsi lungo il piano dove avviene il «caricamento» dei forni, cioè l’immissione di carbon fossile. Per l’accusa, Moccia non avrebbe potuto né dovuto transitare in quel punto, ma a lui sarebbe stato chiesto di effettuare la saldatura di una staffa sganciatasi dal binario sul quale scorre la caricatrice che serve le batterie. Per raggiungere quella staffa, l’operaio di origine campana, da dieci anni circa all’Ilva di Taranto, avrebbe compiuto il passo fatale.

Il difensore di Vitale è riuscito a convincere i magistrati che la posizione del suo assistito fosse di totale estraneità ai fatti: l’ingegnere, nei giorni della tragedia, si trovava infatti fuori dai confini italiani per far visita ad alcuni impianti industriali. Un elemento, assieme ad altri portati dinanzi alla Corte d’Appello che è stato sufficiente a ottenere un’assoluzione con formula piena per il suo assistito.


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Fonte:
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1631787/taranto-operaio-mori-in-fabbrica-assolto-dirigente-ilva.html